Ferie d’agosto

Vi faccio un breve resoconto per immagini ed episodi del viaggio agostano in Grecia.

Il traghetto
Come fai a chiamare un oggetto “superfast” se per fare 700km ci mette 21 ore? Per sopravvivere ad una tale traversata è necessario essere ben organizzati. Io mi sono portato un libro di Amanniti – “Fango”, materassini auto-gonfianti e occhiali da sole. Quindi peggio di un barbone senza via di scampo. Nel giro di poche ore ho letto il libro, facendomi anche diverse risate; spesso pulp, ma a volte squisitamente grottesco e ironico, mi ha messo bene la prima parte del viaggio. Purtroppo è finito presto. Non sono potuto scendere alla macchina per prenderne un altro e da li a poche ore avevo le allucinazioni. Ho passato le restanti ore di veglia a leggere le istruzioni di salvataggio della scialuppe di emergenza e a scandagliare i passanti, in cerca di stimoli che mi facessero uscire dal coma.
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La Provincia e il Rock dal Basso

In queste ultime settimane ho trascurato un pò questo blog, soprattutto perchè dopo un anno di lavoro davanti ad una macchina, con il caldo che c’è fuori, non ho molta voglia di finirmi davanti ad uno schermo. Spero che i mei 4 lettori non me ne vogliano. In compenso ho girellato un bel pò e ho letto molte pagine e la cosa mi ha rilassato non poco. In attesa di partire per la Grecia volevo scrivere una breve recensione sulla “festa della musica” di Chianciano Terme, mio paesino natale, che ormai è arrivata alla sua quarta edizione. Non starò qui ad attaccarvi pipponi specifici sui concerti (molti anche belli) della kermesse, ma sulla modalità con cui viene costruita, che supera di gran lunga d’importanza “la qualità culturale” dell’evento in se, specialmente per una realtà provinciale come Chianciano.
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Navi dei veleni e tettonica divina

Era più di un anno che volevo leggere il libercolo del grande Lucarelli sulle navi dei veleni nel mediterrano, intitolato saggiamente “Navi a Perdere”. Vuoi per sfiga, vuoi per pigrizia, ancora non ero riuscito a trovarlo né in libreria né negli scaffali degli amici. Un paio di settimane fa, passaggiavo come un alieno fra gli stand di Terra-Futura e fra uno shampoo al cedro e un depuratore mi è capitato fra le mani il libercolo in questione. L’ho preso al volo e l’ho lasciato decantare sul comodino per un bel pò, come si fa con il vino di qualche annetto. Questo fine settimana sono dovuto tornare a casa della mamma, ad accudire mia nonna e montare 15.000 mobili dell’ikea sprapagliati per tutta casa. (Una volta c’era “l’uomo di casa”, che faceva tutti i lavoretti di manutenzione, adesso si è trasformato nel “montatore dell’ikea”, dequalificandosi non poco.) Dopo una sudata mortale in piena fase digestiva, a seguito del corpo a corpo con la maledetta libreria, mi sono messo a leggere Lucarelli, che stimo tantissimo, almeno quanto Piero Angela, l’unico che mi parlava di sesso durante la pubertà (ebbene si, io la vagina l’ho conosciuta attraverso Superquark).
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Cecco Rivolta 2000-2010

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

Italo Calvino, Le città invisibili, 1972

 
 
Era una piacevole serata di primavera, in quattro, acquattati in un grande prato con l’erba alta, su una collina alla periferia di Firenze, circondati dalle lucciole, guardavamo in silenzio una cascina abbandonata. Nella nostra testa di coglionissimi ventenni, giravano sordi mesi e mesi di discussioni, chiacchiere e sogni. il sogno era vivere da supereroi, perchè era così che ci sentivamo. Batman aveva la sua tana sotto Gotam-City, Diabolik i suoi mille rifugi e anche noi avevamo bisogno di un posto così. Era la primavera del 2000. Il nuovo millennio era arrivato, fra mille allarmismi di bug assassini e improbabili fini del mondo. Qulacosa nell’aria  che respiravamo, nelle lucine a intermittenza che costellavano il prato ci stava suggerendo che presto, qualcosa sarebbe cambiato veramente. Quel qualcosa erano le nostre vite. Di li a poco quella casa diventò la nostra casa, come il condensarsi di una ferrea volontà, di un desiderio collettivo; una bolla di irrealtà separava quello spazio dal resto del mondo. decidemmo di chiamare quella bolla Cecco Rivolta.
Mentre scrivo queste poche righe, sono passati dieci anni da quello strano giorno, nel frattempo, ne è passata di acqua sotto i ponti e molti ricordi hanno i contorni sfocati come vecchie foto abbandonate in un cassetto, ma quel ricordo è nitido e potente come quando l’ho vissuto, come scolpito per sempre nella mia memoria. Poco prima di entrare al Cecco, passavamo il tempo leggendo Heidegger ed i situazionisti. Per questo tutti sapevamo che l’essere è divenire, che nulla sfugge alla trasformazione, che nulla è eterno e che tutto si trasforma. Lo sapevamo bene allora e lo sappiamo anche ora, che siamo più maturi, più saggi, più soli e più mortali. In dieci anni infatti è cambiato tutto. Siamo cambiati noi, è cambiata la società, sono cambiati i nostri rapporti e le persone che frequentiamo, i nostri modi di pensare e di agire; siamo stati anarchici, comunisti, autonomi, artisti, indiani metropolitani, mediattivisti, teatranti, sindacalisti, rifugiati e ribelli, siamo stati tutto questo e molto altro, per ritrovarci ad essere semplicemente noi. Abbiamo vissuto la grande onda no-global, cavalcandola con tutte le nostre energie, fin dentro alla sua risacca, nel sangue di Genova 2001. Ci siamo rialzati e abbiamo fatto il possibile per rimanere in piedi, abbiamo fatto il possibile per non appendere la nostra mantellina ad un chiodo. Una fatica immane affrontata giorno per giorno nel tentavo di far coincidere la nostra immagine a quello che siamo veramente, per trovare noi stessi. Sempre un pò di più e un pò di meno delle categorie che il mondo ci proponeva, sempre un pò più liquidi della rigidità che ci volevano imporre, sempre pronti a mettersi in discussione, per affrontare il cambiamento, per tenergli testa, senza perdersi nella tempesta del presente.
Questa guerra dell’essere, questo feroce attraversamento della nostra giovinezza ci ha segnato tutti; cicatrici diverse di diversa intensità in momenti diversi, ma tutte sotto lo stesso cielo, quello del Cecco Rivolta.
Per dieci anni, le mura di casa hanno assorbito mute tutti questi cambiamenti, ma ci sono sempre state. Hanno visto passare di tutto, gente felice e gente devastata dal dolore, persone tanto diverse che a fatica riusciresti a catalogare sotto la stessa specie. Persone di tutte le nazionalità e di tutti gli intenti, dai profeti agli imbecilli, i forti e i deboli, gli audaci e i nevrotici. Ha visto trasformare gli amici in nemici e viceversa, ha visto la scala dei valori smontata e poi ricomposta in un ordine nuovo almeno mille volte e tutte le volte l’ha accettata non perchè era meglio o peggio di quella precedente ma semplicemente perchè era nostra, perchè era autentica.Ripenso a tutti quelli che sono stati anche solo un ora sotto il suo tetto, a tutti quelli che ci hanno sputato il sangue dal primo all’ultimo giorno, a coloro che hanno sacrificato la loro stramaledetta vita privata per condividerla con dei perfetti estranei, a quell che hanno lasciato un pezzettino di se, attaccando anche solo un inutile adesivo o una fotografia sul muro. Tutte queste facce si confondono fra loro e la mia mente ormai tarlata dalle canne le distingue a fatica, ibridate fra loro come magma incandescente e vivo, ma il Cecco Rivolta se le ricorda tutte, se le porta dentro.
Adesso a dieci anni di distanza sono solo sullo stesso prato. Sono tutti in casa, a combattere ai fornelli, svaccati a guardare la partita, intenti a scrivere mail o semplicemente a dormire. L’erba non è alta come allora, il contadino l’ha già tagliata, lasciando solo un ciuffo a forma di ferita con una sedia sudicia e rotta nel centro. Poggio il mio culo stanco al centro della ferita. Io sono la cicatrice. La casa è un pò diversa, ci sono le luci accese e la vita vissuta ne ha cambiato i contorni, ma le lucciole tutto intorno ci sono ancora, un pò meno forse, un pò meno in forma, ma ci sono. Sono loro la magia che mi ricorda che tutto questo è un qualcosa di vivo, di bello, di nostro. Un giorno sicuramente tutto questo cesserà di esistere, magari ce ne andremo a vivere le nostre rispettive solitudini in altri posti meno ingombranti o semplicemente raderanno tutto al suolo per costruirci un fottuto condominio pieno di gente che non si conosce; e magari comincerà un’altra storia. 
Mentre ci penso, gli occhi non riescono a contenere le lacrime e mi rivedo vecchio e marcio a guardare un’isola che non esiste più, da archiviare insieme alle altre mille cose perse per sempre lungo questa bigia esistenza. Di sicuro, quando arriveranno con le loro ruspe e butteranno giù tutto, qui sotto troveranno un cuore pulsante, carico di sangue e vita vera, una vita che la maggior parte delle persone non sa neanche cos’è, e quel cuore pulserà all’unisono dentro i nostri corpi scassati dal tempo, ricordandoci che tutto questo è stato nostro e lo sarà per sempre.
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subvertising del logo di Amici di Maria de Filippi

questo l’ho realizzato mentre cercavo di riempire un pannello di due metri per fare l’angolo delle interviste al torneo di calci dal basso. ho usato quasi tutti  i loghi in crisi che mi ha passato il buon vecchio Alieno (maestro indiscusso e padre del Babau) e la cricca di subvertising.org. Voi penserete che non si può paragonare la nike alla Maria de Filippi ma secondo me vi sbagliate di grosso. Essa infatti è l’incarnazione del male per antonomasia (dopo ratzinger), avendo devastato tramite il suo programma un intera generazione di ragazzi e ragazze, che si sono ritrovate lobotomizzate prima della maturità, costrette da un infame destino a perdere intere giornate a scolpire le loro acconciature da fighetti trendy. 

 

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A qualcuno piace caldo – programmazione estiva Next Emerson

Pubblico qui la locandina che ho realizzato per la programmazione estiva dell’Next Emerson. anche se non leggete niente in questa sede potete sempre andare sul sito del NE dove via via verrano messe in bacheca le varie iniziative. Nell’ultimo mese un’improvvisa doccia fredda ci aveva colpito in pieno, con l’avvisaglia di un possibile sgombero dello spazio nel giro di sei mesi. Per fortuna pare che la cosa non sia così imminente e speriamo tutti di poter tornare a progettare lo spazio e le sue attività senza questa spada di Damocle che ci pende sulla testa. Tornando alla programmazione esitva, vi ricordo che la faremo in giardino, essendo all’interno una temperatura inimmaginabile. unico grosso consiglio. portatevi un secchio di autan, vi potrebbe tornare ultile.

 

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Don Winslow, la Feltrinelli e le batterie di pentole

 
Era più di un anno che la mia combriccola di appassionati del noir americano, mi insultava perché ancora non avevo mai letto nessun libro di Don Winslow, il nuovo vate oscuro di cui ormai nessun bibliofilo west-oriented può fare a meno. Mi è rivenuto in mente mentre ammazzavo il tempo girellando fra gli scaffali della libreria in cerca di qualcosa di sfizioso e un po’ meno impegnativo della mia ultima lettura. Sono andato a cercare la sua produzione fra gli scaffali, convinto che potevo farcela benissimo da solo. Dopo dieci minuti mi sono ricreduto, indeciso se dare la colpa alle canne o alla Feltrinelli. Mi sono seduto su uno dei loro divanetti rossi, famosi per la loro seduta "palo-in-culo-mode", in attesa che uno degli indaffaratissimi commessi mi desse relazione. In questo piccolo frangente lasciavo vagare il mio sguardo dentro la libreria, fra lo spensierato incedere degli avventori e mi sono convinto che la causa del mio finora sconosciuto spaesamento  era dovuto alla recente trasformazione della Feltrinelli. 
Essa infatti non è più una libreria come me la ricordavo io, ma si sta lentamente trasformando in un novello frankestein del mercato, un ibrido amorfo tra la Coop e l’Ikea. Gli scaffali e le catalogazioni dei libri in vendita vengono continuamente modificati, non per la pignoleria archivistica di qualche solerte responsabile alle vendite, ne tanto meno per soddisfare il sadismo di qualche capo reparto, ma per cancellare ogni tipo di familiarità e senso dell’orientamento all’ignaro utente e stimolare quindi acquisti non previsti. La cosa più inquietante è il lento avanzare di interi reparti dedicati alla vendita di oggetti assurdi che mai e poi mai andresti a cercare in libreria, tipo tazzine da te, cornici di radica e batterie di pentole, erodendo lentamente gli scaffali che una volta contenevano libri.
 
Mentre mi alambicchio in questi felici pensieri una commessa con una manciata di portachiavi di hallokitty in mano mi guarda con l’aria di una che si è accorta della presenza di un fantasma. Colgo l’occasione per farmi direzionale verso i libri di Don e lei mi indica con un espressione compassionevole l’angolo verso cui mi devo dirigere. Scopro che da molto poco è uscito un suo nuovo romanzo "La Pattuglia dell’Alba" con un bel taranzo con la tavola da surf sulla testa in copertina. Decido di prenderlo, anche se nessuno mi aveva parlato di questa sua ultima fatica, soprattutto perché avevo bisogno di una lettura da spiagga, di quelle che puoi lasciare il cervello a galleggiare dentro un mojto mentre leggi, e una storia di surfisti nell’assolata California cadeva proprio a fagiolo. Difatti l’ho letto in due giorni e con molto piacere. Stile asciutto e godurioso, una scrittura quasi da sceneggiatore per come riesce a comunicare in immagini lo scenario che descrive. una nota negativa però gli va fatta: i personaggi sono caratterizzati troppo bene per essere degli esseri umani; è un universo di superman e supergirl in cui si innesta una trama magistralmente intrecciata, ma tutto sommato poco oscura e ambivalente per i miei gusti. Le menti, le psicologie della pattuglia dell’alba tagliano la realtà con la precisione di un’onda, puntano dritte sul loro obbiettivo; non ne ho mai conosciuti umani di tal risma. Sicuramente l’autore è perfettamente in grado di disegnare dei personaggi più complessi, ma forse per l’economia del libro, basata su azione e giallo, funzionava molto meglio così. In compenso molto belle le digressioni sulla trasformazioni della California e con esse del macro mondo americano filtrate con arte dallo sguardo malinconico e molto empatico del protagonista Boone. la scoperta della storia di un posto ti fa sempre venire voglia di farne parte, anche se è una storia mille anni luce lontana dalla tua.
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Italia de Profundis

Italia de profundis è scritto in maniera magistrale. stilisticamente godurioso come una birra gelida sotto il sole a 50 gradi. l’ispezione (per non dire l’autopsia) che l’autore compie su se stesso ha risvegliato in me punti di domanda che sopivano da anni sotto le ceneri della mia quotidianità. purtroppo, anche se Genna fa di tutto per disintegrare il principio di identificazione, spesso mi sono inserito nella camicia dell’autore e spesso mi è venuto voglia di prenderlo a calci in culo. indipendentemente da questo mi ha legato stretto a lui e non riuscirà a liberarsi di me. La parte finale sul villaggio turistico, è stata condizionata praticamente da subito dalla precedente lettura di D.F. Wallace. mentre leggevo facevo paragoni e non immaginerete mai il mio stupore quando il maledetto Genna lo chiama in causa. La digressione sulla morte incredibile di uno dei miei autori preferiti mi ha commosso e mi ha aperto a delle interpretazioni che il mio cervello non aveva formulato. in sostanza una lettura non semplicissima e molto profonda, da leggere con attenzione e con le dovute pause meditative. Se lo prendete sotto gamba non rimarrà che cenere, se lo prendete troppo seriamente vi fotterà il cuore.

 

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sussidiario illustrato del giovane avventore – la saga del busta

Dopo l’educational con i teletubbies abbiamo prodotto anche quest’altra perla della cinematografia contemporanea. Racconta la saga del Busta, personaggio che incarna l’utente medio del Csa Next Emerson durante le serate di massa. il video è stato proiettato per Do it Your Trash e si è fatalmente rivelato un esperimento fallimentare. La popolazione infatti, invece di ricavare una corretta condotta durante le serate, si è follemente immedesimata con il busta, emulandolo più che mai e sentendosi per questo molto fighi. Non a caso siamo in Italia, nel paese di Maria de Filippi e de “la Pupa e il secchione”. qui trovate i link di youtube.

  • parte prima – il bar
  • parte seconda – il bar
  • parte terza – non li abbandonare
  • parte quarta – quando è finita è finita
  • se volete scaricarvi il filmato potete andare su archive.org: qui trovate la prima parte e qui la seconda.
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    IMPARA LA RACCOLTA DIFFERENZIATA CON LAA-LAA

    Questo video è stato prodotto dentro il C.s.a. Next Emerson a Firenze per la tre giorni di Do it Your Trash, con lo scopo di sensibilizzare i suoi utenti alla raccolta differenziata. Visto il target poco ricettivo, abbiamo deciso di usare una strategia bassa (per non dire interrata), trasformando il Polpetta in un Teletubbies. La cosa evidente, che è stata scoperta solo in serguito, è che Polpetta è sempre stato un Teletubbies e non ce lo aveva mai detto.

    impara la raccolta differenziata con laa-laa

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