Alla ricerca della polveriera Nobel

Qualche tempo fa, mi sono imbattuto in un post di una cara amica, che parlava di un posto abbandonato, nei dintorni di Firenze. Il posto in questione è una vecchia polveriera attiva durante la seconda guerra mondiale, in prossimità della stazione ferroviaria di Carmignano, ormai dismessa e lasciata in stato d’abbandono. Questo posto ha alle spalle una bella storia, una storia di lotta e di resistenza, di quelle epiche, che ti sembra di viverle quando te le raccontano. Non starò a raccontarvela, visto che potete trovarla nel post sopra menzionato in maniera seria ed estesa, corredata da qualche foto abbastanza suggestiva. La scoperta mi ha fatto venire il prurito dell’esplorazione, così, dopo un paio di tentativi finiti a vuoto, abbiamo messo su una compagine strampalata ed eterogenea di giovani marmotte e siamo partiti alla ricerca della fantomatica Polveriera di Nobel.
Siamo partiti in quattro dalla periferia nord di Firenze in un piacevole pomeriggio di sole, armati di macchina fotografica e qualche indicazione di massima sulla direzione da seguire; trovato Carmignano, abbiamo trovato abbastanza facilmente la vecchia stazione, e convinti e pasciuti di essere arrivati a destinazione smolliamo il mezzo in un parcheggio e ci avventuriamo a piedi. Sapevamo che la Polveriera era collegata alla stazione attraverso le rotaie, per rendere più semplice le operazioni di carico e scarico degli esplosivi e portarli al fronte, quindi con sagacia deduttiva alla Sherlock abbiamo pensato di seguire i binari; prima siamo andati a sinistra, costatando che ci stavamo infilando in aperta campagna, poi abbiamo provato ad imboccare un sottopasso, per vedere se il nostro obbiettivo si celava dietro il terrapieno dei binari, adagiato magari sulle rive del fiume, che scorreva placido li sotto; chiaramente niente. Ci rimaneva l’unica altra opzione di andare a destra e seguire i binari per un po’. Subito dopo la vecchia stazione, troviamo un cartellino di legno con una freccia, con su scritto “sentiero della resistenza”. Ormai sicuri di essere sulla retta via, ci siamo lanciati lungo lo sterrato che divideva i binari dal bosco, e saltellando come cappuccetto rosso, abbiamo fatto un paio di km, senza incontrare praticamente nessuno, a parte una vecchietta che non si sa cosa diavolo ci faceva li e la tomba di Pallina; chiaramente, della polveriera neanche l’ombra. Mentre torniamo sconsolati su i nostri passi, il sole si abbassava sull’orizzonte e io cominciavo ad agitarmi perché con il buio niente foto, specialmente con la mia macchina che ha un obbiettivo buio come il culo di un maiale di cinta. Nel percorso troviamo un sentierino che sale nel bosco ed andiamo a vedere cosa c’è. Ci troviamo uno strano monumento ai caduti, nascosto in una grotta e costellato di bandiere; li accanto c’era un uomo. Vi giuro che in un posto così mi avrebbe stupito di meno trovarci un alieno, piuttosto che un tipo con un carretto. Colgo l’occasione per chiedergli se sa dove diavolo è la polveriera e lui lo sa.
Ce lo spiega, più o meno, perché era balbuziente, ma il messaggio in sintesi era: siete dei deficienti, la polveriera è di là dal ponte, però è tutta “retata”. Capiamo comunque che la gente ci entra e che ci sono diverse aperture nella rete quindi riprendiamo la machina e poco più sopra troviamo il cancello della polveriera. Lo si capiva perché li nei pressi c’era ancora la vecchia casamatta delle guardie, una capsula di cemento con delle feritoie per sparare agli intrusi; mi sono immedesimato un attimo nel povero pirla che se ne stava li dentro e mi sono sentito male per lui. Mentre ci avviciniamo, incontriamo una donna con il cane, e gli chiediamo conferma. La maledetta esordisce con “si è questa ma non ci si può entrare… è vietato!” noi ci guardiamo facendo dei cenni di assenso con il capo, come dei chierichetti che prendono una parte a merda dal prete, consapevoli dei propri peccati. Al chè lei, leggendo la contrizione sui nostri volti esclama: “comunque la gente ci va, passano dal bosco, se volete vi dico da dove, ma state attenti a non perdervi…” Ci facciamo indicare la strada, che lei ci segnala con un gesto da vigile, mentre richiamava il cane usando il nome del marito. Noi imbocchiamo il sentiero che entra nel bosco, spavaldi e impavidi a dimostrare alla maledetta che noi nel bosco ci siamo nati e che magnavamo ghiande quando lei mangiava gelati in riviera. Dopo 15 minuti di cammino, avevamo trovato 15 biforcazioni, tutte le volte scegliendo a intuito (quindi a caso) quale sentiero imboccare. Dopo 20 minuti, abbiamo acceso il gps, abbastanza preoccupati. Abbiamo camminato nel bosco per quasi un’ora, rimanendo fra il fiume e la collina, senza trovare assolutamente niente, se non sterpi spinosi, impronte di cinghiali, e madonne a pioggia; ci siamo arrampicati su i peggio grottoni, e lanciati dentro sconfinate sterpaie, ognuno di noi guidato da un’improvvisa illuminazione circa la strada da prendere, o la scorciatoia da imboccare, risolvendosi ogni volta in un nulla di fatto. Alla fine, eravamo stanchi come marines dispersi nella giungla da tre settimane e mentre pensavamo di cibarci di locuste io visualizzavo panini con la mortadella che sgambettavano nel bosco. Alle cinque del pomeriggio, disperato guardo sul telefono la foto satellitare dell’area, e localizziamo uno spazio che assomigliava ad un’area industriale. Visto che il mio telefono ha un sistema di puntamento tipo bussola, siamo riusciti a dirigerci nella giusta direzione e dopo poco, abbiamo trovato l’eldorado, la polveriera Nobel. Accediamo all’area dal fondo, sul selciato ancora intatte le tracce dei binari che permettevano ai vagoni carichi di esplosivo di uscire dalla fabbrica; tutto intorno, delle palazzine a due o tre piani, completamente sfasciate e divorate dall’edera, che inesorabile si era infilata ovunque, trasformando il paesaggio in un quadro preraffaellita. Mentre ci aggiravamo a bocca aperta fra i palazzi, scattando foto a nastro per spremere fino all’ultima goccia di luce che il giorno ci lasciava in serbo, ci imbattiamo in un altro gruppuscolo di esploratori, che ci guardano con aria stupita. Mi avvicinino per dirgli due cazzate, tanto per fare un po’ di socializzazione primaria, lamentandomi con dio e con il cane della signora che ci eravamo persi nel bosco ed eravamo arrivati tardi. Una di loro, con aria compiaciuta mi racconta che loro sono li dalle due e che ormai se ne stavano andando, perché “le esplorazioni vanno fatte con la luce”. Mentre mi guardavo intorno per cercare un ramo adatto a cui impiccarla, lei mi tira fuori un volantino dallo zaino. Era un gruppo di esploratori di aree abbandonate, che promuoveva il loro progetto tramite un sito web. Visto che la pratica non mi era aliena, le ho passato anche io un link di CR e tanto che c’ero mi sono fatto fare un riassuntino dell’area e gli ho chiesto da dove erano passati per entrare. Quando me lo ha spiegato mi sono sentito un cretino ma non l’ho detto, anche se lei penso lo abbia intuito dalla mia faccia a forma di cinese. Ci siamo separati da fratelli, anche se con un pizzico di competitività e siamo tornati a rimirare il nostro giardino incantato. Quasi tutti gli edifici erano contrassegnati da un numero dipinto a mano sopra la porta, l’atmosfera che li circondava andava dal campo di concentramento dismesso, alle rovine di una città fantastica. Siamo stati per circa una mezz’oretta a girellare nei paraggi, poi stava calando il buio e ci siamo messi in marcia per il ritorno, stavolta passando dal cancello però, che seppur con qualche piccolo gesto acrobatico si è rivelato estremamente più facile che fare la circumnavigazione del bosco. Mentre tornavamo alla macchina, mi sono ricordato che avevo ancora il gps acceso. Allego qui la visione satellitare del giro pesca che siamo riusciti a fare, così capirete perche due ore dopo ero svenuto nel letto.

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5 risposte a Alla ricerca della polveriera Nobel

  1. low scrive:

    … e ti sei comprato pure il GPS, mica per trovare meglio i posti, ma per documentare la fava che sei…. :-)))))))
    … in base al principio filosofico che “l’importante è perdersi”, è evidente che sei il presidente ad honorem di CR

  2. Kali scrive:

    ad ogni modo la moglie di umberto rimane sempre una troia <3

  3. flyk3r scrive:

    oh, non mi chiamare mai quando fai ste cose eh…..

  4. Eliza scrive:

    E soprattutto avevamo preso “la strada all’incontro”

  5. Kali scrive:

    a) quella troia della moglie di umberto ce la pagherà!
    b) a dire il vero la proprietà era “arretata” non “retata” 😀

    <3

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